L’intelligenza artificiale governa il mondo?
Quello che sembra essere il copione di un film di fantascienza oggi è realtà?
Oggi come mai prima nella storia dell’uomo siamo circondati dalla tecnologia, tecnologia che scandisce la nostra quotidianità.
Ma questa tecnologia è in grado anche di governare i nostri pensieri e le nostre azioni?
Istintivamente diremmo di no, ma in realtà la questione è più complessa di quello che potremmo immaginare.
La maggior parte di noi ha sviluppato una dipendenza tecnologica, non possiamo farne a meno, fa parte della nostra vita e non ci rinunceremmo per niente al mondo.
Possiamo usufruire di ore di intrattenimento in forma gratuita, 24h/24h, possiamo accedere a un’infinità di informazioni su tutto quello che desideriamo, a qualunque nostra domanda possiamo trovare una risposta.
Ma il prezzo di tutto ciò qual è?
La maggior parte dei servizi di cui usufruiamo sono gtatuiti, ogni giorno utilizziamo mail per lavorare, social network per tenerci in contatto con familiari e amici, piattaforme che ci intrattengono con milioni di contenuti, utilizziamo il navigatore che ci guida e consiglia sui percorsi e sulle condizioni del traffico.
Tutto questo ci è fornito liberamente, ma come è possibile?
In realtà niente è gratuito, il prodotto da vendere siamo noi, siamo noi con le nostre passioni, i nostri sogni e le nostre idee ad essere in questo momento il migliore e più redditizio prodotto in vendita sulla terra.
Negli ultimi anni la compravendita di dati personali ha superato per giro di affari quello della vendita del petrolio.
Come per il petrolio i nostri dati personali vengono raccolti e poi lavorati per essere utilizzati.
Noi forniamo tutto ciò attraverso l’uso dei social ma anche attraverso la musica, i film, la localizzazione, le nostre condizioni di salute e molto altro, tutto tramite app, portali e siti web che utilizziamo giornalmente e che fanno parte della nostra vita.
Tutti questi dati una volta raccolti vengono utilizzati per creare il nostro profilo e catalogarci in segmenti targhettizzati, pronti per essere utilizzati.
Se il prezzo che dobbiamo pagare per usufruire gratuitamente dei vantaggi di tutta questa tecnologia è la condivisione delle nostre abitudini e di ciò che ci piace, tutto sommato potrebbe essere un giusto prezzo?
Beh in realtà la questione è più complessa.
L’obiettivo dei vari social è quello di intrattenerci per più tempo possibile ma è anche quello di vendere agli inserzionisti spazi pubblicitari.
Per intrattenerci è necessario che ci vengano forniti tutta una serie di contenuti che siano di nostro gradimento.
Nel momento in cui stiamo guardando un video su Youtube, stiamo leggendo un articolo su Facebook o stiamo guardando su Instagram le foto di una ragazza che ci piace, nelle profondità del web avviene un’asta a cui partecipano vari inserzionisti.
Il vincitore dell’asta avrà la possibilità di sottoporre il suo annuncio promozionale alla nostra attenzione.
Ovviamente tutto questo avviene tramite algoritmi.
Gli algoritmi sono programmi scritti appositamente per catalogare il nostro profilo e per proporlo agli inserzionisti.
Tutto ciò che avviene su internet è governato da algoritmi.
L’obbiettivo principale dell’algoritmo è fare in modo che la nostra esperienza su internet sia gratificante.
Usufruendo della catalogazione del nostro profilo ci proporrà argomenti che sono in linea con i nostri interessi, se i nostri interessi con il tempo cambieranno, cambieranno anche i contenuti che ci verranno proposti.
Tutto ciò che viene proposto è deciso da una intelligenza artificiale che sa cosa ci piace, quali sono le nostre preferenze e idee.
Questo può sembrare un grande vantaggio, un aiuto che ci permette di scremare argomenti o contenuti che non ci interessano, un grande risparmio di tempo, ma che cosa vedremo durante la navigazione?
Tutti i contenuti che ci verranno sottoposti saranno affini al nostro pensiero, non vedremo più internet nella sua interezza, ma solo una piccola porzione che è stata selezionata per il nostro profilo.
Con il passare del tempo attorno a noi si creerà una bolla che se da una parte rafforzerà le nostre idee, le preferenze, dall’altra ci escluderà da tutto il resto.
Siamo tutti targhettizzati con lo scopo di visualizzare contenuti che ci tengano incollati allo schermo più tempo possibile.
Ma l’algoritmo non è in grado di giudicare i contenuti, mostra solo le cose che ci possono piacere, non è in grado di distinguere tra notizia vera o fake news, non è in grado di distinguere la qualità e il livello dei contenuti, l’unica discriminante è il nostro apprezzamento verso quel tipo di contenuto.
Si è visto come una fake news viaggi molto più velocemente della verità, questo perché la realtà è spesso più noiosa di notizie costruite per colpire il pubblico.
Se guarderemo un certo tipo di informazione, l’algoritmo continuerà a proporci quel tipo di contenuto, nella nostra bolla penseremo che tutto il mondo la pensa allo stesso modo perché non ci verranno proposti contenuti alternativi.
Questo incredibile strumento pensato per aumentare i consumi con la proposta di offerte promozionali ad un pubblico mirato, può essere utilizzato per altri scopi?
Lo scandalo Cambridge Analytica è indicativo di come i nostri dati possano essere utilizzati per fini che non avremmo mai immaginato e per i quali non avremmo mai dato il consenso.
Cambridge Analytica era una società di consulenza Britannica che si occupava di analisi dati.
É stato provato come la società fosse in possesso di milioni di profili Facebook e che si sia servita di questi dati per cercare di manipolare l’esito di diverse elezioni politiche, tra le quali la campagna presidenziale degli Stati Uniti D’America e la campagna politica della Brexit in Europa.
Si è dimostrato l’utilizzo da parte della società di milioni di profili targhettizzati con lo scopo di manipolarne il pensiero politico e la percezione della realtà.
Questa enorme mole di dati può essere utilizzata per controllare e manipolare il pensiero di singoli individui, scatenare rivolte, instillare odio e violenza? Si è possibile, e forse è già successo.
Ad esempio il 4 dicembre a Salisbury, una piccola cittadina statunitense, un uomo è entrato in una pizzeria armato di un fucile d’assalto, ha sparato tre colpi di fucile e ha minacciato di morte i presenti nel locale. Era certo che all’interno della pizzeria vi fossero segregati bambini che venivano abusati da una elitè di pedofili.
L’uomo si chiamava Edgar Welch, su internet aveva scoperto la teoria del complotto portata avanti dai sostenitori di Qannon, abbiamo parlato di questa teoria cospirazionista in un video che trovate sul nostro canale.
Fortunatamente l’assalto non ha provocato vittime, l’aggressore ha riferito alla polizia locale di aver letto on line che il ristorante faceva parte di una rete legato a un giro di pedofilia internazionale e voleva liberare i bambini tenuti in prigionia.
Se quello di Welch può essere semplicisticamente liquidato come un caso isolato che ha coinvolto un singolo uomo con turbe psicologiche, non si può affermare la stessa cosa su ciò che è successo in Mayanmar, una manipolazione che ha coinvolto migliaia di persone e ha supportato una feroce pulizia etnica.
Personale militare del Myanmar ha utilizzato Facebook per portare avanti una campagna di odio verso la minoranza Rohingya presente nel territorio.
Centinaia di militari hanno creato migliaia di account falsi, pagine apparentemente innocenti, fan page di gruppi musicali, notizie, modelle o semplici pagine celebrative di eroi nazionali, queste sono state il mezzo per propagandare notizie false, foto scioccanti di massacri e instillare odio e violenza nei confronti della minoranza Rohingya.
Facebook non è stato in grado di fermare questa escalation di brutalità, per circa un decennio ampie fette della popolazione sono state manipolate con fake news, questo ha portato secondo le Nazioni Unite a l’uccisione di almeno 10 mila uomini donne e bambini e all’esodo di oltre 740 mila persone.
Arginare questi fenomeni, queste escalation di odio, violenza e propaganda non è semplice perché si servono di quegli stessi algoritimi che sono stati creati per garantire una fruizione gratificante per gli utenti e remunerativa per gli inserzionisti.
L’intelligenza artificiale che gestisce i contenuti che ogni giorno vediamo, che ci propone notizie, approfondimenti o opinioni, non valuta la qualità del messaggio ma valuta il numero di interazioni che esso scatena, quindi non è in grado di comprendere nella sua interezza il contenuto che ci propone.
Internet, i social network non sono il male assoluto, hanno avuto il pregio di unire persone, hanno permesso lo scambio di informazioni, la diffusione del sapere in tutto il mondo.
Noi stessi utilizziamo i social per comunicare con i nostri follower, ma ciò che rende questa tecnologia pericolosa è il fine con la quale la si utilizza.
é sempre più necessario e urgente che avvenga un severo controllo sull’utilizzo dei dati personali e sulla quantità di dati che si possono raccogliere e sulla loro conservazione.
Internet è una conquista per l’umanità ma può anche diventare il più potente mezzo di propaganda politica forse mai esistito.
Dobbiamo evitare a tutti i costi che ciò che è stata una incredibile rivoluzione tecnologica diventi per qualcuno uno strumento per manipolare il pensiero, le idee e la percezione della realtà.