In poco più di 200 anni la popolazione mondiale è passata da 1 miliardo a poco più di 7,8 miliardi.
In un mondo in cui le risorse naturali sono limitate, in un mondo sempre più inquinato, la riduzione della popolazione mondiale è l’unica inevitabile soluzione?
Forse le cose non stanno esattamente cosi, cerchiamo di fare chiarezza.
Un numero maggiore di individui che ha bisogno di soddisfare i propri bisogni implica una maggiore richiesta di risorse naturali, di produzione industriale e alimentare e di conseguenza un incremento esponenziale dell’inquinamento.
Questa è una tesi che ci sentiamo ripetere spesso, ma questa tesi che ci appare logicamente sensata in realtà non tiene conto di una realtà molto più complessa e forse più difficile da comprendere.
Gli ultimi dati del 2018 relativi alle emissioni di Co2 nell’atmosfera ci dicono che solo il nord America e la Cina sono responsabili della metà delle emissioni globali di Co2.
Cina e Nord America attualmente sono i luoghi in cui si concentra la maggiore ricchezza, luoghi in cui le aspettative di vita della popolazione sono in aumento, ma contemporaneamente i livelli di crescita della popolazione sono in diminuzione. Si vive di più, ma si fanno meno figli.
Allo stesso tempo nei paesi in cui è maggiore l’aumento demografico, dove si concentra la maggior parte della popolazione mondiale è responsabile del 10% delle emissioni di Co2 in atmosfera.
Quello che viene fuori dall’analisi degli ultimi dati è che se è vero che l’aumento demografico crea problemi all’ambiente, il suo impatto globale è molto minore di quello che spesso si ritiene.
Analizzando i dati notiamo che la crescita demografica mondiale negli ultimi anni è in calo, se negli anni 60 la popolazione mondiale cresceva di circa il 2,2% l’anno, oggi cresce di circa 1% e il tasso è in costante diminuzione.
Al contrario la crescita economica globale, almeno sino a prima della pandemia registrava una crescita del 3%.
L’aumento demografico riguarda principalmente i paesi poveri, paesi che hanno un minore impatto globale sull’ambiente rispetto ai paesi ricchi in cui la popolazione è in diminuzione.
Quello che viene fuori dall’analisi dei dati è che una riduzione globale della popolazione non influirebbe ne sul consumo delle risorse naturali, ne sull’inquinamento.
La sovrappopolazione nei paesi poveri è sicuramente un problema, ma è un problema di diritti. Avere molti figli molte volte non è una libera scelta ma è legata alla mancanza di metodi di contraccezione, alla mancanza di istruzione o alla necessita di avere braccia in più per lavorare.
L’idea che sia necessario ridurre il numero della popolazione per avere delle condizioni ambientali migliori è un’accusa che molto spesso i paesi ricchi muovono nei confronti dei paesi poveri, un paradosso che vede paesi a crescita zero, la cui popolazione rappresenta una minoranza, consumare e inquinare molto di più di paesi che accolgono la maggioranza della popolazione mondiale e che consumano e inquinano di meno.
Le Nazioni Unite stimano che nel 2050 la popolazione mondiale toccherà i 9,8 miliardi, dopodiché si assisterà a una diminuzione.
Garantire i consumi del mondo occidentale a 9,8 miliardi di persone è attualmente impossibile, cosi come è impossibile pensare che una diminuzione della popolazione dei paesi poveri possa giovare al benessere del pianeta.
Per fare in modo che il pianeta terra resti una casa accogliente per l’uomo e non si tramuti in un ambiente ostile, è necessario cambiare i paradigmi su cui è fondato il nostro sistema economico, garantire i diritti ai paesi del terzo mondo e ridistribuire in maniera equa la ricchezza.

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