Quarant’anni fa la marina militare italiana viaggiò per i mari di tutto il mondo con un solo obbiettivo: salvare vite umane. Questa è l’incredibile storia dei Boat People.

Il 30 aprile del 1975 si concludeva il conflitto che aveva visto contrapposti il Vietnam del nord con il Vietnam del sud, il regime di Ho Chi Minh ha vinto la guerra e controlla l’intero paese.
Come dopo tutti i conflitti, a terribili atrocità segue altrettanto orrore.
La guerra del Vietnam fu un massacro devastante, le perdite da entrambe le parti furono altissime, moltissime furono anche le atrocità commesse.
Dopo la guerra il Vietnam viene riunificato, gli sconfitti accusati di collaborazionismo vengono uccisi e cacciati dal paese.
Molti preferiscono la fuga alla morte, servendosi di imbarcazioni di fortuna prendono il mare, il mondo assiste shockato alle immagini, i profughi sono in balia delle tempeste e dei pirati che affollano le acque della Cina meridionale.

Siamo nel pieno della guerra fredda, il conflitto del Vietnam ha visto contrapposte le due potenze mondiali, accogliere i profughi non è semplice, nessun paese si vuole fare carico di questi uomini, la loro fine è segnata.
L’Italia sta vivendo anni difficilissimi, sono gli anni di piombo, proteste e attentati si susseguono in tutto la nazione, la crisi economica stritola il paese ma nonostante questo Pertini, presidente della repubblica italiana decide che non si può stare a guardare, da un perentorio ordine all’allora capo del governo Giulio Andreotti: bisogna salvare queste persone.

Il 4 luglio del 1979 parte ufficialmente la missione: tre navi, gli incrociatori Vittorio Veneto e Andrea Doria e la nave appoggio Stromboli, per un totale di 832 posti letto, partono alla volta del golfo del Siam.
La marina militare italiana non aveva mai affrontato una missione del genere, 12 mila chilometri di navigazione in mare aperto, senza la possibilità di fare scalo con condizioni atmosferiche avverse.
Dopo ventuno giorni di navigazione, nei pressi di una piattaforma petrolifera della Esso, la marina militare italiana realizza il primo salvataggio.
Tre interpreti tra i quali due sacerdoti messi a disposizione del vaticano si fanno carico di comunicare con gli uomini in balia delle onde.

Gli ordini sono chiari, ai profughi viene detto che se vogliono possono imbarcarsi, le navi sono li per aiutarli, sarebbero stati portati in Italia e accolti come rifugiati politici, ma non sarebbe stato possibile portarli in altri paesi aldifuori dell’Italia.
Uomini allo stremo, con in braccio bambini denutriti che avevano vissuto giorni durissimi in condizioni disumane salgono a bordo, la concitazione è tanta, le precauzioni per evitare possibili contagi saltano, una sola parola guida tutti i componenti dell’equipaggio, salvare vite umane.

La marina militare dopo aver perlustrato più di 250 mila chilometri quadrati salverà in tutto 905 persone di cui 125 bambini.
Il 25 agosto le tre navi faranno ritorno in Italia, i profughi saranno accolti dalle più alte cariche militari e dopo quaranta giorni di quarantena riceveranno lo status di rifugiati politici.

I sopravvissuti in segno di gratitudine inviarono una lettera agli uomini che li avevano salvati e a tutto il popolo italiano:
Eravamo morti e per la vostra bontà siamo tornati a vivere. Questa mattina quando dal ponte di volo guardavamo le coste italiane una dolce brezza ci ha accarezzato il viso in segno di saluto e riempito di gioia il nostro cuore. Siete diversi dagli altri popoli; per voi esiste un prossimo che soffre e per questa causa vi siete sacrificati. Grazie”.

La missione fu un successo, gli uomini, le donne e i bambini che in quei terribili giorni del 1975 furono salvati, oggi sono cittadini italiani.

Una storia di quarant’anni fa, una storia di umanità i cui risvolti vanno oltre meri opportunismi politici.
Una storia che in un mondo spesso ottenebrato dell’inumanità della sopraffazione e della violenza come una luminosa scintilla squarcia le tenebre e illuminandoci ci fa scoprire tutti fratelli.










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