Siamo ormai abituati a vedere e consultare mappe dettagliate del suolo di pianeti lontani come Marte.
Le missioni spaziali ci forniscono nuove informazioni sull’universo e numerosi telescopi sparsi in tutto il mondo
e alcuni anche dallo spazio studiano stelle e galassie lontanissime.
Se siamo capaci di studiare mondi lontani dalla Terra sorprendentemente ancora oggi non conosciamo gran parte del
pianeta che abitiamo.
La Terra è per il 71% ricoperta da acqua e paradossalmente  abbiamo mappe più dettagliate del suolo lunare che dei
fondali marini oceanici: ne conosciamo meno del 20 percento.
Cosa si nasconde negli abissi marini e perché ancora oggi sono per noi ignoti?

Il nostro pianeta visto dalla spazio è azzurro,  azzurro come gli oceani che coprono gran parte della Terra. Eppure
ancora oggi ignoriamo la conformazione dell’80% dei fondali marini. Conosciamo bene i fondali marini prossimi alle zone costiere e prossimi ai paesi economicamente più sviluppati, ma basta allontanarsi dalle coste e gran parte degli abissi sono per noi sconosciuti.
In realtà non è che ignoriamo totalmente la conformazione dei fondali, li conosciamo a grandi linee, sappiamo per
esempio che il punto più profondo è la fossa della Marianne, 11 km sotto il livello del mare.
Al momento esistono mappe approssimative dei fondali oceanici, cioè con una risoluzione piuttosto bassa.
.
Aziende private hanno porzioni di oceano mappate a risoluzioni maggiori, ma le custodiscono come beni preziosi
e non le condividono gratuitamente.
Quindi possiamo con Google Moon sorvolare la Luna ma non possiamo fare altrettanto con i nostri oceani, ma perché è stato mappato così poco?

Il problema principale è proprio l’acqua, l’acqua copre i fondali oceanici e l’unico modo per ottenere mappe
dettagliate è usare l’ecoscandaglio.
Gli ecoscandagli fissati sul fondo delle navi diffondono onde sonore in tutte le direzioni e registrano il tempo che
impiegano per tornare indietro. In questo modo riescono a calcolare la distanza dal fondale. Da questi dati vengono
ricostruite mappe tridimensionali che restituiscono la conformazione del terreno.
Il problema di questo metodo di mappatura è che è un processo minuzioso e lungo, ci vuole tempo e un numero
sufficiente di navi per riuscire a mappare tutti gli oceani e come abbiamo detto gli oceani ricoprono buona parte
della Terra.
L’impresa non è semplice ma è l’obiettivo che si è posto il progetto Seabed 2030.
Un progetto portato avanti da università e istituti di ricerca che vorrebbe raggiungere l’intera mappatura ad alta
risoluzione dei fondali marini entro il 2030. Le mappe saranno rese pubbliche e diffuse gratuitamente.
Il progetto iniziato nel 2017 sta mettendo insieme i dati raccolti da diversi enti e aziende private, scandagliando
nuovi fondali e non si esclude in futuro di usare piccole navi robot in grado di mappare le zone più isolate e
lontane dalle rotte commerciali.
Se ancora oggi non conosciamo la conformazione dei fondali marini allo stesso modo non conosciamo pienamente gli ecosistemi marini.
Fino a non molto tempo fa gli scienziati ritenevano impossibile la vita nelle profondità degli oceani, si
pensava che sotto i 600 metri di profondità nessun essere vivente potesse sopravvivere.
Oggi sappiamo che non è così, diverse specie animali sono riuscite ad adattarsi alla pressione e al buio degli
abissi.
Il pesce Beccacino per esempio può essere trovato fino a 3000 metri di profondità, o il calamaro gigante,
protagonista di numerose leggende, capace di raggiungere anche i 13 metri di lunghezza e di muoversi nel buio degli
abissi grazie ai grandi occhi o il polpo Dumbo in grado di sopravvivere fino ai 7000 metri di profondità.
E anche a 10.000 metri sotto il livello del mare nelle fosse delle Marianne sono stati rinvenuti dei piccoli anfipodi, sono crostacei simili a gamberetti, capaci di sopravvivere nutrendosi di quello che riesce a raggiungere
il fondo.
Purtroppo anche in un punto così remoto, che pensavamo essere incontaminato, i ricercatori hanno individuato nel
tessuto adiposo dei crostacei bifenili policlorurati.

Le sostanze potrebbero avere raggiunto gli abissi attraverso detriti di plastica o animali morti finiti nel fondo
dell’oceano.
L’inquinamento è riuscito a raggiungere più velocemente dell’uomo luoghi che ancora oggi non siamo in grado di
conoscere pienamente.
Gli oceani sono fondamentali per il nostro benessere e per la nostra sopravvivenza, imparare a conoscerli è
fondamentale per il futuro dell’uomo, ancora oggi non siamo in grado di stimare quante specie vivono nei mari, la
maggior parte delle specie studiate vivono nei primi 50 metri sotto il livello del mare, e anche nei mari più
battuti ogni anno si individuano nuove specie.
L’oceano, nelle sue profondità è ancora uno dei luoghi meno esplorati dall’uomo, un affascinante mondo ricco di vita da conoscere e studiare.

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